varietà erbacee

FAGIOLA GARFAGNINA

Fagiola garfagninafiore CENNI STORICI, DIFFUSIONE E CONSISTENZA
La Fagiola è un grosso fagiolo bianco, irregolare e leggermente schiacciato, diffuso da tempo immemorabile in tutta l’area, ma in particolare nell’alta Garfagnana, dove veniva coltivata negli orti, o, soprattutto nelle “fagiolaie”, realizzate nei campi vicini ai fossi o nelle “iare” dei torrenti e dei fiumi.
Un tempo era coltivata con continuità, con seme annualmente autoriprodotto, su superfici ridotte e con produzioni comunque inferiori al quintale.
Oggi la coltivazione è molto ridotta, in quanto sostituito dalle varietà presenti sul mercato, in particolare dal fagiolo di spagna e dal corona.

 

fruttoMORFOLOGIA E COMPORTAMENTO AGRONOMICO
Pianta molto vigorosa, rampicante, raggiunge e supera i due metri, due metri e mezzo, ricadendo dai sostegni su cui è fatta crescere.
Fiorisce e fruttifica abbondantemente e a lungo, rimanendo in produzione oltre la fine dell’estate, fino ai primi freddi.
Il fiore è bianco e la fecondazione prevalentemente allogama.
il baccello è lungo (media 14 cm)  corposo,  con filo.
Il seme è bianco, grande (100 semi 200 g circa), ellittico, di forma irregolare e, spesso, leggermente schiacciato.
Viene coltivato a file, in “postarelle” distanti 30-50 cm. Seminati ai primi di maggio, tradizionalmente venivano fatti crescere sulle “brocche” o “calocchie”, pertiche di castagno, messe singolarmente o a due o tre per volta, inclinate e riunite in alto.
La raccolta è scalare da settembre in poi.

baccelloUTILIZZAZIONE GASTRONOMICA, POSSIBILITÀ DI VALORIZZAZIONE DEL PRODOTTO E SUO LEGAME COL TERRITORIO
Viene consumato come prodotto secco. Si distingue per la sottigliezza dell’epidermide, la morbidezza della pasta ed il sapore  ottimo, leggermente dolce.
Lessati in acqua aromatizzata con salvia, rosmarino o alloro, vengono consumati come contorno delle carni in umido (sia coniglio che maiale) o con il baccalà lesso.

FAGIOLO FICO DI GALLICANO

Fagiolo fico di GallicanoCENNI STORICI, DIFFUSIONE E CONSISTENZA
Coltivato nel comune di Gallicano da oltre un secolo,  è stato introdotto, nel 1889, da un emigrante di Gallicano, Sig. Vincenzo Micheli , di ritorno dagli Stati Uniti, il quale portò cinque semi nascosti nella falda interna del cappello, per sfuggire ai controlli.
Da allora, data l’elevata qualità, il seme è stato gelosamente conservato e riprodotto in purezza, anche se è rimasto territorialmente limitato ai campi limitrofi a Gallicano.
E’ attualmente coltivato in pochi orti familiari, anche se, per l’eccellenza delprodotto e la produttività, potrebbe essere notevolmente incrementato.

fioreCOMPORTAMENTO AGRONOMICO
Pianta rampicante molto vigorosa, a fioritura tardiva e maturazione scalare.
Il fiore è bianco, il baccello è lungo (media 14,7 cm), di colore verde chiaro, giallo chiaro a maturazione, senza filo.
La semina viene effettuata nel mese di maggio
Preferisce luoghi freschi e tradizionalmente veniva consociato con il mais, che lo ombreggiava.
Veniva fatto crescere sulle “brocche” o “calocchie”, pertiche di castagno, messe singolarmente o a due o tre per volta, inclinate e riunite in alto. Oggi viene fatto crescere sulle apposite reti. Necessita di irrigazione costante, ma non eccessiva, per non stimolare troppo il rigoglio vegetativo a discapito della fruttificazione.
Il seme è di grandezza media (74,5 g di media – 100 semi) e colore camoscio con venature longitudinali allungate marroni.
La raccolta è scalare da luglio fino a settembre.

baccello.jpgfrutto.png

UTILIZZAZIONE GASTRONOMICA, POSSIBILITÀ DI VALORIZZAZIONE DEL PRODOTTO E SUO LEGAME COL TERRITORIO
Utilizzabile sia sgranato che come “mangiatutto”: in entrambi i casi ha caratteristiche organolettiche molto elevate. Come mangiatutto si utilizza il baccello intero fresco, quando il seme si è già differenziato, mancando assolutamente di filo. Molto ben caratterizzato nel sapore e nei profumi, può essere utilizzato sia in “umido” che lessato.
Il fagiolo fico è ottimo anche come fagiolo secco; ha epidermide molto sottile, pasta morbida e consistente , sapore ottimo.
Un abbinamento tradizionale è con le “focacce leve”, preparazione tipica del posto, che ha dato il nome all’omonima Sagra, nata oltre 40 anni fa. Dal 2003 la Festa delle focacce leve è stata inserita nell’ambito delle manifestazioni della Provincia di Lucca “I Ponti nel Tempo”,  per la promozione e valorizzazione dei prodotti tipici.
La focaccia è ottenuta da un impasto lievitato di farina di grano, patate lesse schiacciate, acqua o latte e lievito. La cottura avviene in testi di ferro con manico, chiamati localmente cotte. Il piatto tipico del paese è accompagnarle con fagioli fichi di Gallicano in erba, lessati e conditi con olio extravergine. Ottime anche con fagioli giallorini all’uccelletto e salsiccia.

FAGIOLO GIALLORINO

Fagiolo giallorinoCENNI STORICI, DIFFUSIONE E CONSISTENZA
Di origine sconosciuta, è diffuso da tempo remoto in tutta la Garfagnana. Un vecchio documento storico dell’archivio del Comune di Castelnuovo Garfagnana, di metà ottocento, descrive fagiolo nano di colore giallognolo con occhietto scuro, che veniva coltivato nelle jare.
Anche se destinato soprattutto all’autoconsumo, un tempo era diffusamente coltivato.
Oggi la coltivazione è molto ridotta e polverizzata in orti familiari, dove è gelosamente custodito e coltivato con seme annualmente autoriprodotto.

baccello1.jpgMORFOLOGIA E COMPORTAMENTO AGRONOMICO
Pianta nana di tipo precoce (sessantino).
Predilige ambienti freschi e riparati (per questo veniva coltivato in consociazione con il granturco), ma è comunque piuttosto rustico e resistente alla siccità, ed assicurava una produzione anche solo con irrigazioni di soccorso.
Se seminato in giugno entra in produzione anche in 40 giorni (quarantino).
Il fiore è bianco-rosato, il baccello è di lunghezza media (media 11,9 cm), con curvatura assente o molto lieve, di colore verde, che diviene giallo a maturazione del seme.  Filo presente.
Il seme è piccolo (peso medio 100 semi 45,9 g), ellittico, di colore giallo verdastro, con un’aureola marrone-rossiccio.
Viene coltivato a file, ad una distanza di 20-40 cm. Seminato in aprile – maggio, giunge a maturazione in luglio – agosto e viene raccolto a pianta intera.

img_5922.JPGUTILIZZAZIONE GASTRONOMICA, POSSIBILITÀ DI VALORIZZAZIONE DEL PRODOTTO E SUO LEGAME COL TERRITORIO
La produttività è limitata, ma la qualità è ottima, per il sapore delicato ed il profumo aromatico.
Da sempre consumato come prodotto secco. Una volta sgranati ed essiccati i fagioli si conservano, in luogo asciutto, per tutto l’inverno ed oltre.
Tradizionalmente, come tutti i fagioli, era uno dei componenti principali nell’alimentazione delle popolazioni locali, ed era presente in molte preparazioni: dai primi, quali minestre (minestrella di Gallicano)  e minestrone di farro, ai contorni con cotechino o baccalà.
Abbinamento particolare con le “focacce leve”, preparazione tipica del comune di Gallicano.

FAGIOLO LUPINAJNO

fagiolo-lupinajno.jpgCENNI STORICI, DIFFUSIONE E CONSISTENZA
Di origine sconosciuta, era coltivato da tempo immemorabile nella zona di Lupinaia in comune di Fosciandora.
Al Centro la Piana il seme è stato fornito da un’anziana contadina, Teresina Bonulli, di 86 anni, che ha raccontato come la varietà sia  stata da sempre coltivata dalla sua famiglia e riprodotto in azienda. Nella zona due erano i fagioli coltivati: il giallorino, consociato con il granturco ed il Lupinajno ,nelle iare.
La coltivazione è stata praticamente abbandonata da anni a causa della scarsa produttività.

immagine20.jpgMORFOLOGIA E COMPORTAMENTO AGRONOMICO
Pianta rampicante, a fioritura medio-tardiva e maturazione scalare.
Il fiore è bianco, il baccello è di lunghezza media (media 10,2 cm), di colore verde che diviene giallo a maturazione completa.  Filo assente.
Oltre che per le qualità organolettiche era apprezzato per la rusticità, e l’adattabilità ad una ridotta irrigazione. La coltivazione, infatti veniva effettuata nelle iare di torrenti dove, spesso, d’estate l’acqua scarseggiava, o veniva utilizzata per colture più esigenti.
Il seme è di grandezza medio (56 g di media – 100 semi) e colore bianco con una macchia nera attorno all’ilo.
La raccolta è scalare da luglio fino a settembre.
Si raccolgono sia i baccelli in erba, quando il seme comincia ad ingrossare, che i semi maturi. In entrambi i casi è un prodotto di ottima qualità, per l’assenza di filamento, la consistenza della pasta, il sapore ben caratterizzato, il profumo intenso.

frutto.JPGUTILIZZAZIONE GASTRONOMICA, POSSIBILITÀ DI VALORIZZAZIONE DEL PRODOTTO E SUO LEGAME COL TERRITORIO
Il fagiolo lupinajno è ottimo, sia come “mangiatutto”, che come seme secco.
Come mangiatutto può essere utilizzato con il seme già sviluppato, data l’assenza di filo. Come fagiolo secco si evidenzia per l’epidermide assai sottile e l’ottimo sapore.
Varietà rustica, resistente alla siccità, dava però produzioni scarse ed incostanti.
Date l’elevata qualità, ha sicuramente buone possibilità di valorizzazione, anche in relazione all’adozione di tecniche colturali che migliorino gli standard produttivi.

FAGIOLO TURCO GRIGIO

fiore.jpgCENNI STORICI, DIFFUSIONE E CONSISTENZA
Di origine sconosciuta, viene coltivato in alcune zone della Garfagnana (Sillico, Piazza Al Serchio) da tempo immemorabile.
Con il termine fagioli turchi, in Garfagnana, tradizionalmente, vengono indicati i fagioli grandi, del tipo “Spagna”, tipicamente bianchi. Il turco grigio, in contrapposizione, appunto, al bianco, è di colore scuro, viola scuro con screziature rosa.
Ha sempre avuto un areale ed una produzione limitati. Oggi è coltivato in pochi orti, soprattutto da anziani che hanno custodito il seme.

baccello2.jpgMORFOLOGIA E COMPORTAMENTO AGRONOMICO
Pianta rampicante, rigogliosa, raggiunge e supera i due metri, due metri e mezzo. Fiorisce e fruttifica a lungo, con maturazione scalare dei baccelli.
Il fiore è rosso, il baccello è di lunghezza media (media 10,9 cm), con forte curvatura. Filo presente.
Il seme è molto grande (media peso 100 semi 215,5g), ellittico, di colore viola molto scuro, con venature rosa-viola chiaro.
La raccolta è scalare da settembre in poi. Necessita di irrigazione costante; un tempo veniva coltivato sempre nella parte dell’orto o del campo vicino alla fontana, ad un fosso o ad un acquitrino, per poterlo tenere sempre umido.

frutto1.JPGUTILIZZAZIONE GASTRONOMICA, POSSIBILITÀ DI VALORIZZAZIONE DEL PRODOTTO E SUO LEGAME COL TERRITORIO
Come la fagiola garfagnina, viene consumato come prodotto secco..
Lessati in acqua aromatizzata con salvia, rosmarino o alloro, vengono consumati come contorno delle carni in umido (sia coniglio che maiale) o con il baccalà lesso.

MAIS GRANTURCO NANO DI VERNI

garanturco-nano-di-verni.jpgCENNI STORICI, DIFFUSIONE E CONSISTENZA
La varietà viene coltivata da oltre un secolo nelle zone di Verni e Trassilico, in comune di Gallicano.
Pianta di piccola taglia, con ciclo breve, molto resistente alla siccità e di moderate esigenze, mostra un particolare adattamento alle zone di montagna: anche in terreni poveri ed in coltura asciutta garantiva una discreta produzione di ottima qualità.
Al contempo risponde prontamente ai miglioramenti nella tecnica colturale, con significativi incrementi nella produzione.
Un tempo era coltivato in vari poderi, attualmente la coltivazione è ridotta a piccoli appezzamenti in pochissime aziende, comunque con grandi difficoltà per i danni da cinghiali ed istrici.

COMPORTAMENTO AGRONOMICO
Pianta di piccola taglia, di altezza media di cm 127 (da 100 a 148 cm), con foglie molto strette.
Spiga, frequentemente unica, inserita molto in basso, a cm 35 da terra (23-58 cm), corta (<15 cm), conica e grossa, a granella vitrea, di colore rosso arancio.
Nelle situazioni colturali più difficili rimane anche sotto il metro di altezza e produce una sola spiga a “quattro dita” da terra.
Ha un ciclo colturale di circa 70 giorni, che si allunga in coltura irrigua.
La tecnica è quella tradizionale: tipica coltura da rinnovo, viene concimata con letame, seminata in solchi e sottoposto a sarchiatura e roncatura; l’irrigazione, se effettuata, è solo di soccorso.
Coltivato quasi esclusivamente per l’alimentazione umana, dà una farina di colore rosso arancio, con intenso profumo. La granella veniva impiegata anche per gli animali da cortile.
Poteva essere coltivato anche come foraggio: seminato a spaglio dopo il grano, veniva sfalciato ed impiegato fresco per i bovini.

infruttescenza.JPGUTILIZZAZIONE GASTRONOMICA, POSSIBILITÀ DI VALORIZZAZIO-NE DEL PRODOTTO E SUO LEGAME COL TERRITORIO
Impiego tradizionale della farina era la preparazione dell’”infarinata”.
A Verni era usanza che ogni volta che veniva ammazzato e “cucinato” un maiale (tutte le famiglie lo allevavano), tutte le famiglie partecipavano alla lavorazione, portando una propria pentola per la cottura del “biroldo” o sanguinaccio. Alla sera, quindi, ognuno riportava a casa la pentola con il grasso del maiale, dove poi veniva preparata l’infarinata. In questo modo, da novembre a marzo, l’infarinata, consumata prevalentemente a colazione, era una presenza costante nelle case di Verni.
Altra preparazione tradizionale sono i migliacci: schiacciate preparate con un impasto di acqua, farina di grano e di granturco, cotti nei testi e farciti con pancetta o lardo.
Frequente era anche l’utilizzo delle pannocchie a maturazione lattea, abbrustolite sul fuoco.

MAIS GRANTURCO ECOTIPO ORECCHIELLA

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CENNI STORICI, DIFFUSIONE E CONSISTENZA
La varietà conosciuta già nei primi decenni del secolo scorso, era un tempo coltivata da tutti gli agricoltori della zona (alta valle del Serchio) e serviva ad integrare la dieta alimentare delle popolazioni montane che all’epoca (fino agli anni ‘40) era costituita prevalentemente da polenta di farina di castagne. Oggi è coltivata in un’unica azienda agricola sita nel comune di Camporgiano (LU) dal signor Bravi Giovanni, che produce annualmente una piccola quantità per uso famigliare (polenta).

img_6183.JPGCOMPORTAMENTO AGRONOMICO
La varietà locale di mais “Oreechiella” , è una varietà a classe di maturazione molto precoce adatta alla coltivazione in ambienti montani. Essa manifesta nei terreni irrigui della zona di coltivazione una bassa produttiva’ (20-40 q/ha). La produzione avviene prevalentemente secondo metodologie di tipo biologico senza interventi di concimazione (eventualmente letame), trattamenti insetticidi e diserbanti. Il mais viene coltivato in avvicendamento a patate e colture da orto e talvolta, viene in parte consociato con il fagiolo. La varieta è sensibile agli attacchi di piralide.

img_6182.JPGUTILIZZAZIONE GASTRONOMICA, POSSIBILITÀ DI VALORIZZAZIO-NE DEL PRODOTTO E SUO LEGAME COL TERRITORIO
Le buone caratteristiche organolettiche del prodotto e la tipologia prevalentemente vitrea della granella rendono particolarmente adatta la varietà per l’alimentazione umana e in particolare per la preparazione della polenta.

PATATA ROSSA DI SULCINA

CENNI STORICI, DIFFUSIONE E CONSISTENZA
La patata rossa è la più vecchia varietà coltivata in altura e giunta fino ad oggi; un tempo era presente una patata ancora più rossa detta “scopina” che, però, è scomparsa.
Fino a pochi decenni fa la patata rossa era diffusa un po’ in tutti gli alpeggi, nei comuni di Sillano, Villa Collemandina, Careggine; oggi è si trova soprattutto nella zona di Sulcina (Villa Collemandina) dove viene coltivata per uso famigliare o, su ordinazione, per il mercato interno.
Tradizionalmente si coltivava in altura e su terra “selvina” dove dava le massime rese e la miglior qualità, specialmente al primo anno di coltivazione.

tuberi.jpgCOMPORTAMENTO AGRONOMICO
Pianta con apparato fogliare di moderato sviluppo (altezza 30-50 cm).
La caratteristica agronomica principale è l’elevata rusticità, in particolare la resistenza alla siccità.
Veniva seminata utilizzando le patate più piccole, da metà marzo a tutto aprile, a seconda dell’altitudine e dell’andamento stagionale, in solchi ad una distanza di 30-40 cm.
Nella semina veniva rispettata la fase lunare di luna calante, che determinerebbe, secondo alcuni, la produzione di un ridotto numero di “patatini”, o, secondo altri, un germogliamento più contenuto durante l’inverno.
I tuberi sono di forma da tondeggiante ad ovale, di buona pezzatura.
L’epidermide è rossa e la polpa, gialla con screziature rossastre, è soda e di sapore leggermente dolciastro.
Ha un’ottima conservabilità e viene tutt’oggi conservata in cantine buie ed asciutte in strati di 20-30 cm.

tuberi-1.jpgUTILIZZAZIONE GASTRONOMICA, POSSIBILITÀ DI VALORIZZAZIO-NE DEL PRODOTTO E SUO LEGAME COL TERRITORIO
Caratterizzata dal sapore leggermente dolciastro e da un’elevata tenuta in cottura, la patata rossa di Sulcina si presta a diverse preparazioni, in particolare purea e gnocchi, ma anche patate fritte ed arrosto.
Sostituita in gran parte dalla Kennebec, negli ultimi anni ha incontrato un nuovo interesse e viene richiesta dai negozi specializzati in prodotti tipici locali.

POMODORO FRAGOLA

pomodoro fragolaCENNI STORICI, DIFFUSIONE E CONSISTENZA
La seme di questa varietà è stata portata, alla fine degli anni ’60, da un emigrante di Albiano (Minucciano) di ritorno dall’Australia.
Di buone proprietà organolettiche, si affermò subito negli orti della zona, inizialmente con il nome di “pomodoro di pastasciutta”, dal soprannome attribuito all’emigrante che lo aveva introdotto.
La denominazione “fragola” deriva dall’insieme del colore particolare (fra vermiglio e cardinale), del profumo e del sapore dolce, molto gradevole .
Diffuso negli orti del comune di Minucciano.

img_5976.JPGCOMPORTAMENTO AGRONOMICO
Pianta di vigoria moderata e media precocità, viene seminata in semenzaio e trapiantata in maggio.
La raccolta inizia da luglio. Viene normalmente allevata con un solo capo, al massimo due,  cimata a cinque o più palchi fiorali a seconda dell’andamento stagionale.
Il frutto è a forma di campana di colore vermiglio-cardinale, con la zona circostante il picciolo verde anche a maturazione.
Ha buccia sottile,  polpa compatta con pochi semi, profumata e dolcemente gustosa. Privo di acidità, è altamente digeribile.
Varietà abbastanza resistente alle malattie fungine, è frequentemente soggetta a marciume radicale a seguito di squilibri idrici.

particolareUTILIZZAZIONE GASTRONOMICA, POSSIBILITÀ DI VALORIZZAZIO-NE DEL PRODOTTO E SUO LEGAME COL TERRITORIO
Molto gustoso per il consumo fresco in insalata, è particolarmente adatto anche alla preparazione di pomarola e conserva, per la scarsa acidità ed il profumo particolare che conferisce alle preparazioni.

CIPOLLA ROSSA MASSESE

 

CENNI STORICI, DIFFUSIONE E CONSISTENZA
Questa cipolla era coltivata su tutto il territorio della provincia di Lucca, Massa e Pisa.

COMPORTAMENTO AGRONOMICO
E’ una pianta che raggiunge un’altezza  di 30-35 cm, con foglie di colore verde con fiori bianchi riuniti in infiorescenze ombrelliforme, in bulbo é piccolo, di forma ellittica appiattita, ha tuniche esterne di color rosso e polpa di color bianco. Viene seminata a gennaio-febbraio, trapiantata in marzo-aprile. La conservabilità è ottima.

UTILIZZAZIONE GASTRONOMICA, POSSIBILITÀ DI VALORIZZAZIO-NE DEL PRODOTTO E SUO LEGAME COL TERRITORIO
Di sapore molto intenso viene consumata cruda o cotta.